Capitolo 2
Su Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10

 

    Quella sera il signor Utterson tornò nella propria abitazione da scapolo in preda all’umor nero e cenò di malavoglia. Era sua abitudine, la domenica, terminato il pasto, di sedersi accanto al fuoco, ponendo sul leggio un arido1 testo di argomento teologico2, finché l’orologio della chiesa vicina non suonava la mezzanotte, ora in cui l’avvocato se ne andava a letto sereno e soddisfatto. Quella sera, però, non appena la tavola fu sparecchiata, prese una candela e andò nel suo studio. Qui aprì la cassaforte, dallo scomparto più segreto trasse una busta con la scritta "Testamento del dottor Jekyll" e, il volto era olografo3, e ciò perché il signor Utterson, pur avendo accettato di tenerlo in consegna una volta stilato4, si era però rifiutato di aver parte nella sua stesura; vi si stabiliva non solo che, in caso di decesso di Henry Jekyll, dottore in medicina, dottore in legge, dottore in lettere, membro della Società Reale, eccetera, tutti i suoi beni dovessero passare nelle mani del suo "amico e benefattore Edward Hyde", ma anche che, in caso di "scomparsa o inesplicabile assenza del dottor Jekyll per un periodo superiore ai tre mesi", il suddetto Edward Hyde avrebbe dovuto senza ulteriori indugi subentrare5 al nominato Henry Jekyll, libero da qualsiasi obbligo o impegno salvo il pagamento di alcune modeste somme ai domestici del dottore. Si trattava di un documento che a lungo era stato una spina nel fianco per l’avvocato. Se ne sentiva offeso non solo come legale, ma anche come persona amante dei risvolti sani e normali della vita, per la quale l’insolito era deprecabile6. Fino a quel momento, a promuovere la sua indignazione era stato il fatto di ignorare tutto del signor Hyde; ma ecco che ora, con un improvviso cambiamento di scena, a indignarlo era il saperne qualcosa. La situazione era già sufficientemente sgradevole quando il nome non era che un nome, in merito al quale non poteva apprendere nient’altro; peggio era, però, ora che il nome cominciava a essere accompagnato da detestabili attributi7; e dalle vaghe, inconsistenti nebbie che tanto a lungo gli avevano impedito di vederci chiaro, balzava fuori all’improvviso il netto presentimento di alcunché di diabolico.

    "Pensavo che fosse una pazzia" borbottò, riponendo lo sgradevole documento nella cassaforte "ma ora comincio a temere che si tratti di un obbrobrio8."

    Sul che, soffiò sulla candela, indossò un mantello e si avviò in direzione di Cavendish Square9, quella roccaforte della medicina dove il suo amico, il grande dottor Lanyon, abitava e riceveva la folla dei suoi pazienti.

    "Se qualcuno ne sa qualcosa, non può essere che Lanyon" s’era detto.

    L’austero maggiordomo lo conosceva e lo ricevette con tutti gli onori; non gli toccò aspettare, ma fu subito introdotto nella sala da pranzo, dove, tutto solo davanti al suo bicchiere di vino, sedeva il dottor Lanyon. Era costui un gentiluomo cordiale, sprizzante salute e vivacità, dal volto colorito, una ciocca di capelli precocemente bianca e modi irruenti e decisi. Alla vista del signor Utterson, balzò in piedi porgendogli ambo le mani. A un osservatore esterno, tanta giovialità10 poteva apparire un pochino teatrale; in realtà, aveva a fondamento sentimenti sinceri. Si trattava infatti di due vecchi amici, compagni di scuola e di università, entrambi rispettosissimi di se stessi e dell’altro e, cosa che non sempre ne è la conseguenza, persone che apprezzavano moltissimo la reciproca compagnia.

    Dopo aver chiacchierato per qualche istante del più e del meno, l’avvocato intavolò l’argomento che tanto lo turbava.

    "Credo, caro Lanyon" esordì "che lei e io siamo i più vecchi amici di Henry Jekyll, o mi sbaglio?"

    "Vorrei che gli amici fossero più giovani" ridacchiò il dottore "ma credo proprio che sia così. E allora, che c’è? È da un pezzo che non lo vedo."

    "Davvero?" chiese Utterson. "Pensavo che aveste interessi in comune."

    "Ne avevamo" suonò la risposta. "Ma da più di dieci anni a questa parte Henry Jekyll è diventato troppo stravagante per i miei gusti. Ha cominciato a tralignare11, ad avere certi grilli per il capo; e benché, com’è ovvio, io continui a interessarmi a lui in nome di quella che si chiama una vecchia amicizia, ormai lo vedo, e da un pezzo, molto poco. Certi suoi propositi che fanno a pugni con la scienza" soggiunse il dottore, all’improvviso imporporandosi12 in volto "avrebbero estraniato persino Damone e Pizia13!"

    Quel piccolo sfogo arrecò un certo sollievo al signor Utterson.

    "Si vede che c’è stata tra loro una semplice divergenza in materia di scienza" pensò; e, non essendo appassionato di altre scienze all’infuori delle giuridiche, tra sé soggiunse: "Se non è che questo..."

    Lasciò all’amico qualche istante per ricomporsi, quindi abbordò il problema per il quale era venuto fin lì.

    "Non ha mai incontrato un suo protetto, un certo Hyde?" gli chiese.

    "Hyde?" ripeté Lanyon. "No. Non ne ho mai udito parlare. Almeno per quel che ricordo."

    Tutto qui il bagaglio di informazioni che l’avvocato portò con sé nel suo grande letto scuro, in cui non fece che agitarsi sinché le ore piccole non cedettero il posto alle luci del giorno. Fu una notte di assai scarso ristoro per la sua mente in subbuglio che brancicava14 nel buio più assoluto, assillata da mille domande.

    Le campane della chiesa, che era così opportunamente vicina alla dimora del signor Utterson, suonarono le sei ed egli era tuttora alle prese con quel problema. Il quale, se fino a quel momento aveva interessato esclusivamente il suo lato speculativo15, ora però ne impegnava anche l’immaginazione, o piuttosto l’asserviva16; e mentre il signor Utterson giaceva dimenandosi nella fitta oscurità della notte e delle tende tirate, il racconto di Enfield gli tornava alla mente con la chiarezza di immagini proiettate dalla lanterna magica17. Gli pareva di vedere le lunghe file di lampioni di una città notturna; poi la figura di un uomo che camminava di buon passo; quindi quella bambina che veniva correndo dalla parte in cui si trovava l’abitazione del dottore, e le figure si scontravano, e il mostro in parvenza umana18 calpestava la piccola e se ne andava, insensibile alle sue grida. Oppure, ecco una stanza in una sontuosa dimora, dove il suo amico giaceva addormentato, sognando e sorridendo ai propri sogni; e d’un tratto la porta della stanza si spalancava, le cortine del letto venivano scostate, il dormiente ridestato e, to’!, al suo capezzale stava una figura che aveva potere di comando su di lui, sicché persino in quell’ora morta19 all’amico non restava che alzarsi e obbedire ai suoi comandi. La figura nelle sue due versioni perseguitò l’avvocato tutta la notte; e se mai si assopiva, era solo per vederla scivolare, via via più rapida, sino alla vertigine20, per vasti labirinti di città rischiarati da lampioni, e a ogni angolo di strada calpestare una bambina e lasciarla lì, strillante. Pure, la figura non aveva un volto onde riconoscerla; anche nei sogni era priva di faccia, oppure ne aveva una che gli sfuggiva, che gli si dissolveva davanti agli occhi; e fu così che sorse e a mano a mano crebbe nella mente dell’avvocato una curiosità, quanto mai assillante, quasi morbosa21, di vedere i lineamenti del signor Hyde in carne e ossa. Se avesse potuto mettere gli occhi su di lui anche una volta sola, il mistero, pensava, sarebbe stato chiarito e forse si sarebbe affatto dissolto, come accade di tutte le cose misteriose quando le si esamini da presso. Avrebbe capito il motivo della strana predilezione o addirittura schiavitù22 (la si chiamasse come si preferiva), e persino delle stupefacenti clausole del testamento. E comunque, doveva essere un volto che valeva la pena di vedere; la faccia di un uomo che ignorava affatto la pietà; una faccia cui era bastato mostrarsi per far nascere, nell’animo dell’impassibile Enfield, un empito23 di tenace avversione.

    A partire da quel momento, il signor Utterson cominciò a far la posta24 all’uscio che s’apriva su quella straducola di botteghe. Al mattino prima dell’ora d’ufficio, a mezzogiorno anche se c’era molto da fare e il tempo era contato, la sera al lume della luna velata dalle brume cittadine, con qualsiasi luce e a tutte le ore, solinghe25 o affollate che fossero, l’avvocato era lì, alla sua posta.

    "Se lui è il signor Hyde" si era detto "io sarò il signor Seek26."

    Alla fine la sua pazienza fu ricompensata. Era una bella notte asciutta: l’aria, frizzante; le strade, linde come il pavimento di una sala da ballo; non un alito di vento faceva oscillare i lampioni che scandivano la notte con una regolare successione di luci e ombre. Alle dieci di sera, chiuse le botteghe, la stradina era assolutamente deserta nonostante il continuo brusio londinese che si levava d’ogni intorno27, affatto silenziosa. Anche i più piccoli suoni si propagavano in distanza; domestici rumori provenienti dalle case erano chiaramente udibili dall’uno come dall’altro lato della via; e l’eco dei passi precedeva di un bel po’ chiunque s’avvicinasse. Il signor Utterson era di guardia da qualche minuto, quando avvertì l’avvicinarsi di uno strano passo leggero. Durante le sue ronde28 notturne, da tempo si era abituato alla curiosa maniera con cui i passi di un singolo, ancora molto lontano, d’un tratto spiccano, distinti, sul ronzio di fondo della città. Pure, mai la sua attenzione era stata così acutamente, irresistibilmente attratta; e fu con un preciso, immotivato presentimento di vittoria, che l’avvocato si nascose nell’androne.

    I passi si appressavano rapidamente, e d’un tratto echeggiarono più forti, come29 colui che avanzava ebbe svoltato l’angolo della strada. L’avvocato, sporgendosi dall’androne, poté ben presto vedere con quale specie di uomo avesse a che fare. Era basso di statura, vestito in maniera assai dimessa30; e il suo aspetto, anche a distanza, ferì profondamente la sensibilità dell’osservatore. L’individuo si avviò senz’esitare all’uscio, attraverso la strada per far più presto; e già mentre si accostava, cavò di tasca una chiave, come chi sia giunto a casa sua.

    Il signor Utterson uscì dal nascondiglio e toccò l’uomo sulla spalla mentre questi gli passava davanti.

    "Il signor Hyde, immagino" disse.

    Quegli sussultò, inalando aria con un sibilo. Ma il suo sgomento fu solo momentaneo; e senza guardare in faccia l’avvocato, rispose con sufficiente freddezza:

    "Sì, questo è il mio nome. Si può sapere che vuole?"

    "Vedo che sta per rincasare" replicò l’avvocato. "Sono un vecchio amico del dottor Jekyll, per l'esattezza l’avvocato Utterson di Gaunt Street. Lei deve aver già udito il mio nome; e dato che l’ho incontrata così a proposito, ho pensato che poteva farmi entrare."

    "Non troverà il dottor Jekyll; non è in casa" disse il signor Hyde, introducendo la chiave nella serratura. Poi, all’improvviso, ma sempre senza alzare gli occhi: "Come fa a conoscermi?" chiese.

    "E lei" ribatté il signor Utterson "vuol farmi un favore?"

    "Con piacere" rispose l’altro. "Di che si tratta?"

    "Vuol lasciarmi vedere il suo volto?" domandò l’avvocato.

    Il signor Hyde parve esitare; poi, come se avesse preso una decisione improvvisa, si piantò di fronte all’interlocutore con aria di sfida; e per qualche istante i due stettero a fissarsi.

    "D’ora in poi saprò riconoscerla" disse l’avvocato. "Può darsi che mi torni utile."

    "Già" ribatté l’altro "è bene che ci siamo incontrati; e a proposito, eccole il mio indirizzo" e gli diede quello di una via di Soho31.

    "Mio Dio" si disse il signor Utterson "possibile che anche lui abbia in mente il testamento?"

    Tenne però tale pensiero per sé, limitandosi a borbottare un grazie per l’indirizzo.

    "E ora" insistette l’altro "mi dice come fa a conoscermi?"

    "Dalle descrizioni" suonò la risposta.

    "Descrizioni di chi?"

    "Abbiamo amici in comune" chiarì il signor Utterson.

    "Amici in comune!" fece eco il signor Hyde, con una punta di allarme nella voce. "E chi sarebbero?"

    "Jekyll, per esempio" replicò l’avvocato.

    "Lui non le ha certo parlato di me" sbottò il signor Hyde in un impeto d’ira. "Non pensavo che lei fosse un bugiardo."

    "Suvvia, suvvia" ribatté il signor Utterson "le sembra che siano cose da dire?"

    L’altro scoppiò in una fragorosa, orribile risata; e un istante dopo, con straordinaria rapidità, aveva aperto l’uscio e si era chiuso in casa.

    L’avvocato continuò a restarsene lì anche dopo che il signor Hyde fu scomparso, e pareva il ritratto stesso della perplessità. Poi lentamente si avviò, fermandosi ogni due passi per portarsi la mano alla fronte, come chi s’interroghi sul da farsi. Il problema con cui era alle prese mentre così procedeva, era di quelli che è quasi impossibile risolvere. Il signor Hyde era un pallido omiciattolo; dava un’impressione di deformità pur senza che vi fossero in lui malformazioni ben definite; aveva un sorriso sgradevole, nei confronti dell’avvocato aveva tenuto un atteggiamento che era un funesto32 miscuglio di pavidità33 e arroganza, parlava con voce roca, in un bisbiglio, come a sussulti - tutti elementi che deponevano a suo sfavore. Ma, a conti fatti, questo non bastava ancora a spiegare il disgusto mai prima provato, il ribrezzo, la paura che incuteva al signor Utterson.

    "Ci deve essere qualcosa d’altro" si disse l’avvocato, perplesso. "Qualcosa d’altro c’è di sicuro. Se solo riuscissi a individuarlo... Dio mi perdoni, ma quello non sembra un essere umano! Ha qualcosa, come dire?, del troglodita34, o forse si tratta solo della vecchia storia del signor Fell35? Oppure del mero riflesso di un’anima impura che traspare, metamorfosandolo36, dal suo involucro d’argilla37? Sì, dev’essere proprio così; perché, mio povero vecchio Henry Jekyll, se mai ho visto su un volto il marchio di Satana, bene, è quello del tuo nuovo amico."

    Girato l’angolo della stradina, c’era una piazzetta di antiche, belle case di una nobiltà ormai in gran parte decaduta e affittate, ad appartamenti e camere ammobiliate, a gente di ogni specie e condizione: disegnatori, architetti, oscuri avvocati, agenti di losche imprese. Un’unica casa, però, precisamente la seconda dopo l’angolo, non era stata suddivisa; e all’uscio di questa, che aveva una solida aria di ricchezza e decoro, per quanto fosse tutta buia eccezion fatta per una lunetta38, il signor Utterson si fermò a bussare. Ad aprire fu un anziano maggiordomo abbigliato di tutto punto.

    "Il dottor Jekyll è in casa, Poole?" chiese l’avvocato.

    "Vado a vedere, signor Utterson" rispose il domestico, e intanto che parlava introduceva il visitatore in un’ampia, confortevole anticamera dal soffitto basso e dal pavimento di pietra, riscaldata, secondo l’uso delle case di campagna, da un ampio camino acceso e arredata con preziosi stipi39 di quercia. "Vuole aspettare vicino al fuoco, signore? O preferisce che le accenda in sala da pranzo?"

    "Meglio qui, grazie" rispose l’avvocato; s’avvicinò al camino e andò ad appoggiarsi all’alto parafuoco40. L’anticamera dove fu lasciato solo era una delle passioni del dottore suo amico; e Utterson stesso soleva parlarne come della stanza più piacevole di tutta Londra. Quella sera, tuttavia, l’avvocato si sentiva un brivido nelle ossa; il volto di Hyde lo ossessionava, avvertiva, cosa insolita in lui, una nausea, un disgusto della vita; e, in quello stato di depressione, gli pareva di leggere una minaccia nei bagliori del fuoco riflessi sulla superficie polita degli stipi, nelle labili41 ombre sul soffitto. E si vergognò del sollievo che avvertì quando Poole tornò ad annunciare che il dottor Jekyll era fuori.

    "Ho visto il signor Hyde entrare dalla porta della vecchia sala anatomica42, Poole" disse al domestico. "È cosa normale, in assenza del dottor Jekyll?"

    "Normalissima, signor Utterson" rispose Poole. "Il signor Hyde ha la chiave."

    "Si direbbe che il tuo padrone riponga una grande fiducia in quel giovanotto, caro Poole" rispose l’altro pensieroso.

    "Proprio così, signore" assicurò il domestico. "Tutti noi di casa abbiamo l’ordine di obbedirgli."

    "Non credo di aver mai avuto l’occasione di conoscere il signor Hyde, dico bene?" tornò a chiedere Utterson.

    "Oh, sì, signore. Non viene mai a pranzo qui" rispose il maggiordomo. "A dire il vero, ci capita di vederlo assai di rado, in questa parte della casa; per lo più entra ed esce dal laboratorio."

    "Bene, buonanotte, Poole."

    "Buonanotte, signor Utterson."

    E l’avvocato riprese la via di casa, con il cuore gonfio e pesante.

    "Povero Henry Jekyll" pensava "mi sbaglierò, ma temo proprio che si trovi in cattive acque! Da giovane era un tipo balzano43; certo, ne è passato di tempo da allora, e d’altro canto la legge divina ignora la caduta in prescrizione44. Eh, deve essere proprio così: il fantasma di qualche vecchio peccato, il cancro di qualche segreta ignominia45; la punizione che arriva, pede claudo46, anni e anni dopo che la memoria ha dimenticato e l’amor proprio47 perdonato l’errore.

    E l’avvocato, sgomento all’idea, prese a rimuginare sul proprio passato, frugando in ogni angolo della memoria, per tema che il babau48 di una vecchia nequizia49 ne balzasse alla luce. Il suo passato era piuttosto terso; pochi uomini avrebbero potuto scorrere i registri della propria esistenza con minore apprensione; tuttavia il signor Utterson si sentiva schiacciato nella polvere delle molte cose cattive che aveva commesso, e si risollevò a una controllata e timorosa gratitudine, al pensiero delle molte che era stato sul punto di commettere, ma che aveva scansato. E poi, tornando al punto di partenza, sentì nascergli dentro un barlume di speranza.

    "Questo signor Hyde, se lo sondasse50" pensò "deve avere anche lui i suoi segreti: neri segreti, a giudicare dal suo aspetto; segreti in confronto ai quali i peggiori del povero Jekyll splenderebbero come la luce del sole. No, le cose non possono continuare così. Mi sento gelare al pensiero che quell’essere si insinui, come un ladro, al capezzale51 di Henry; povero Henry, che risveglio sarebbe! E che pericolo! Ché, se quell’Hyde sospetta dell’esistenza del testamento, può darsi che gli cresca dentro l’impazienza di ereditare. Eh, devo proprio mettermici di buzzo buono52 - sempreché Jekyll me lo consenta" soggiunse. "Già; se Jekyll me lo permette."

    Perché, una volta ancora, agli occhi della mente gli erano apparse, chiare e inequivocabili, le singolari clausole del testamento.

1 arido: poco gradevole, non del tutto attraente.

2 teologico: che riguarda i fondamenti e i principi della fede religiosa.

3 olografo: scritto dalla mano stessa della persona interessata, senza intervento di nessun altro.

4 stilato: scritto, redatto.

5 subentrare: rimpiazzare, sostituire a tutti gli effetti.

6 deprecabile: da evitare.

7 detestabili attributi: caratteristiche ripugnanti.

8 obbrobrio: fatto mostruoso.

9 Cavendish Square: piazza, sulla sinistra del Tamigi in direzione nord-ovest.

10 giovialità: buon umore, cordialità.

11 tralignare: deriva dalla via corretta; avere comportamenti discutibili o strani.

12 imporporandosi: diventando rosso.

13 avrebbero … Pizia: avrebbero reso estranei anche questi due siracusani, noti nell’antichità per la loro proverbiale amicizia.

14 brancicava: brancolava, girava su se stesso a vuoto.

15 lato speculativo: aspetto che ha a che fare con la ragione.

16.l’asserviva: dominava, sottometteva, interessandola tutta per intero.

17 lanterna magica: strumento di proiezione luminosa sulla parete di immagini ingrandite, dipinte su vetro.

18 in parvenza umana: che aveva, nell’insieme , l’aspetto di un uomo.

19 in quell’ora morta: è il tempo del sonno, in cui l’attività umana si riduce fino a fermarsi, quasi a morire.

20 sino alla vertigine: fino ad alterare la sensibilità spaziale, cioè fino alla perdita di orientamento.

21 morbosa: smisurata, incontenibile.

22 schiavitù: di Jekill nei confronti di Hyde.

23 empito: impeto, impulso.

24 far la posta: tenere d’occhio.

25 solinghe: solitarie.

26 seek: in inglese corrisponde al verbo cercare, come Hyde al verbo nascondere .

27 d’ogni intorno: da ogni parte.

28 ronde : appostamenti per sorprendere Hyde.

29 come: non appena.

30 dimessa: trasandata, povera.

31 Soho: quartiere popolare al centro do Londra, poco a nord del Tamigi, allora abitato da stranieri.

32 funesto: in inglese murderous, che richiama un atteggiamento omicida, sanguinario.

33 pavidità: viltà, paura.

34 troglodita: uomo incivile, con tratti di bestialità.

 

35 dottor Fell: personaggio popolare, noto per una filastrocca, del poeta T. Browne.

36 metamorfosandolo: trasformandolo dal profondo, quasi cambiandone la natura.

37 involucro d’argilla: rievoca l’idea della fragilità del corpo.

38 lunetta: spazio sovrastante il portone, in forma di "ventaglio a vetri", che permette il passaggio della luce nell’androne del palazzo.

39 stipi: armadi di non grandi dimensioni.

40 parafuoco: pannello che si dispone davanti al camino, per ripararsi dall’eccesso di calore e dalle ceneri.

41 labili: quasi inconsistenti, di brevissima durata.

42 sala anatomica: luogo in cui si fanno studi di anatomia anche procedendo alla dissezione di cadaveri.

43 balzano: dal comportamento strano, stravagante.

44 la legge … prescrizione: la legge di Dio non dimentica il male commesso, anche se in un passato lontano.

45 il cancro ignominia: la degenerazione dovuta a qualche colpa inconfessabile.

46 pede claudo: in latino significa letteralmente "zoppicando", cioè lentamente.

47 l’amor proprio: il senso dell’onore, la considerazione di sé.

48 babau: spauracchio.

49 nequizia: malvagità, azione ingiusta.

50 se … sondasse: se si potesse esplorare nell’intimo.

51 si insinui … la capezzale: arrivi a introdursi fino alla camera da letto. Allusione a un’amicizia fin troppo intima e perciò ricattatoria.

52 mettermici … buono: applicarmi con impegno.

Precedente Su Successiva