Il metodo ex vivo
Fase prima e visione d’insieme
Nella prima fase, i tessuti dell’organo con le cellule malate sono estratti tramite biopsia e inseriti in colture. Si possono poi seguire metodi diversi per far integrare il nuovo DNA nella cellula. I tessuti curati sono quindi resi al paziente con una seconda biopsia.
Fase seconda: i diversi metodi
Primo approccio: CaPi-DNA e DEAE L’ingresso del DNA ricombinante nelle cellule è agevolato dalla presenza in coltura del fosfato di calcio (CaPi), che velocizza l’endocitosi fluidificando la membrana cellulare. Inoltre, si somministra dietilaminoetil destano (DEAE) per vincere la negatività dei fosfolipidi della membrana.
Figura - a Trasporto di CaPi-DNA al nucleo.
Secondo approccio: la microiniezione Il DNA è iniettato nelle cellule tramite microiniettori computerizzati, che tuttavia sono incapaci di lavorare su cellule dalle piccole dimensioni, come i neuroni.
Terzo approccio: trasfezione tramite elettroporazione I campi elettrici aprono pori idrofili nelle membrane cellulari; il procedimento è laborioso e si sospetta danneggi le cellule con conseguenze difficilmente valutabili.
Figura – b Formazione di un elettroporo
Considerazioni
1) Il metodo è invasivo perché si danneggia l’organismo con le biopsie frequenti 2) La terapia ha tempi lunghi, poiché si lavora su singole porzioni e non sull’organo intero.
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